Benvenuto caro lettore. Intanto ti fornisco qualche breve informazione sulla persona che si cela dietro le parole che stai per leggere. Mi chiamo Valentina e attualmente ho 16 anni. Abito a Reggio Emilia, una grigia e monotona città del Nord Italia che nessuno conosce. Qualche mese fa presi l'importante decisione di diventare un'exchange student, infatti trascorrerò 10 mesi in una bellissima cittadina vicino a Houston, Texas. Ho voluto aprire questo blog per avere a disposizione una valvola di sfogo, un luogo in cui poter essere quello che sono senza filtri. Detto questo buona lettura.

mercoledì 4 aprile 2018

Capitolo 3. La Babele di cristallo

Lo scopo di un viaggio è la sua stessa essenza che, in quanto catartica e  purificatrice, deterge la mente e delucida il pensiero, attraverso la forza centrifuga dell'adrenalina. 

Dopo le prime 10 ore di volo, il tempo sembrò essersi fermato. Il mio corpo stremato mi comunicava la sua esigenza di sonno, ma la luce accecante proveniente da qualche fessura qua e là suggeriva che era ancora pieno giorno. Alternavo film in inglese ancora poco comprensibili a momenti di pianto disperato, che annebbiavano le immagini impresse nella mente dei volti rigati dalle lacrime della mia famiglia. 
Parlai solo una volta durante tutto il viaggio; il mio interlocutore, una hostess piuttosto scocciata, rispose con noncuranza quando scelsi il menù vegetariano con voce roca e spezzata dai singhiozzi. Mangiai, inghiottendo a fatica qualche boccone freddo ed insipido, per poi tornare al piccolo schermo   sulla poltrona di fronte, fissando nuove immagini con sguardo assente. 
In qualche modo arrivai all'aeroporto di Newark, New Jersey, dove spiccicai finalmente qualche parola con alcuni coetanei diretti verso svariate città americane, che come me aspettavano con ansia il  famigerato controllo passaporti. 
La mia coincidenza sarebbe partita di lì ad un'oretta scarsa e il torrente di persone davanti a me non sembrava sfociare al di là della dogana. <Beh, un'ora è lunga> avevo pensato durante l'atterraggio in un momento di poca lucidità, quando ancora ero ignara del fatto che gli arrivi erano lontani qualche  chilometro dalle partenze. Il mio sguardo cominciò dunque a scrutare nervosamente l'orologio sul maxischermo sopra le nostre teste, sperando che si fermasse di colpo, regalandomi più tempo. 
Poi magicamente mi ritrovai da sola, catapultata in una piccola ma caotica città di Babele fatta di brusii indecifrabili tra persone dall'aspetto disparato. Mi feci largo tra una folla di pendolari assonnati e famiglie schiamazzanti, un po' correndo, un po' arrancando, trascinando una valigia più pesante di me. Attraversai corridoi di cui non vedevo la fine, superando Gate dopo Gate, sorprendendomi di non essermi ancora persa in quel labirintico edificio vetrato. 
Ad un tratto mi bloccai di colpo: alla mia destra, al di là della città di cristallo in cui mi trovavo, intravidi i mostruosi edifici di Manhattan che sembravano solleticare il cielo azzurro, in un'unione quasi fantastica tra sogno e realtà. In quel momento, per la prima volta da quando decisi di iscrivermi al programma, mi sentii al sicuro, dentro quell'abbraccio architettonicamente perfetto dei grattacieli Newyorkesi. Ce l'avevo fatta, da sola. Ero partita. Una forza incontenibile mi fece fremere di gioia, e le gambe ricominciarono a muoversi verso l'aereo che mi avrebbe portato nella mia nuova casa. 
Così, raggiunsi il Gate con largo anticipo, ed ebbi addirittura il tempo di girarmi un'ultima volta ad ammirare il panorama mozzafiato dietro le vetrate; lo salutai in un arrivederci pieno di gratitudine, e mi incamminai verso la pista di atterraggio con una nuova consapevolezza: tutto sarebbe andato bene. 

martedì 20 febbraio 2018

Capitolo 2. Un'alba amara

Ci sono giorni in cui sento di aver bisogno di prove tangibili per poter credere al passato. Come se i ricordi non fossero altro che immaginazione, sogni irreali, incantesimi della mia stessa mente; ecco perché adoro la fotografia, uno strumento magico che va oltre l'hic e il nunc della nostra realtà.
È solo grazie ad un immagine concreta se i miei occhi riescono a ripercorrere momenti, eventi e situazioni, strappandoli dalla mera astrazione del ricordo.


Ma le parole, signori, sono le sole in grado di perpetuare nel tempo ciò che i sensi hanno vissuto, collegando luoghi a sguardi, emozioni a persone.


Sole che nasce, cielo color pastello, edifici bassi ma che disturbano la composizione dell'immagine. Questo è quello che vedete voi. Io invece vedo un inizio, una partenza, vedo lacrime sui volti delle persone che amo, vedo paura, timori, ansia, fragilità. Vedo una valigia più grande di me che mi ha guidato per aeroporti caotici, vedo altri ragazzi ridere, scherzare, piangere. Vedo l'orgoglio negli occhi di una persona che ora non c'è più, che quel giorno mi ha ripetuto per l'ennesima volta la sua tipica frase in dialetto. 'Su mo, fer mia la nessia, nueter som seimper chè'

A posteriori, cosa posso raccontare di quell'interminabile giornata? Penso nulla, perché va vissuta. Piccoli avventurieri, futuri ambasciatori italiani nel mondo, amici exchange, non aspettatevi un viaggio spensierato, divertente ed emozionante. Preparatevi ad ore e ore di silenzio sovrastante, debilitante. Per alcuni istanti, quando sarete alle porte del vostro gate, l'istinto vi indurrà a voltarvi indietro. Non fatelo, guardate avanti, con coraggio. Sull'aereo ingoierete bocconi amari. Una volta scesi sarete liberi da qualunque fardello, ma le novità cominceranno a calpestarvi, è lì che vi sorprenderete della vostra stessa forza.

martedì 30 gennaio 2018

Capitolo 1. Presentazioni 'mediocri'

Mi chiamo sempre Valentina, di anni non ne ho più 16, ma 19, abito sempre a Reggio Emilia, ma di case, ora, ne ho due, l'una a 8863.59 km dall'altra.
A luglio ho conseguito la maturità classica e a settembre ho iniziato a frequentare i corsi di Lingue e Culture Europee presso l'Università di Modena. Al momento ho affrontato un qualche sporadico esame, senza eccellere né fallire. Non studio a tempo pieno, come la maggior parte dei miei coetanei. Insegno ginnastica ritmica in una piccola società sportiva locale e attualmente la considero la mia primaria attività. La mia famiglia è ancora lì, sostenendomi in ogni mia scelta, chi da vicino e chi purtroppo da lontano. Anche Walt è ancora lì, dove deve essere. 'Tutto a posto e niente in ordine' dice sempre mia nonna; e le nonne, miei cari, hanno sempre ragione. 


In America, una persona una volta mi disse di non accettare mai la mediocrità; lo sto facendo? Forse. O forse no. Dipende dai punti di vista. 
Ma cos'è la mediocrità? Un 28\30? Un 98\100? La mediocrità non è un numero. Mediocri sono le persone che non hanno una passione, le persone che si amalgamano a quella massa amorfa di struzzi che nascondono la testa dentro uno smartphone, o coloro che si lamentano della realtà constatandone l'immobilità ma poi ritrovano loro stessi ancorati all'utilità della monotonia senza valori ogni qualvolta si presenti uno spiraglio di cambiamento. Queste persone non hanno un colore, una nazionalità, una razza. Non sono i 'cazzoni' italiani o gli americani ingenui, e nemmeno i brillanti tedeschi o i precisi nordici. Sono gli abitanti di un mondo mediocre. E io ne faccio parte. 
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My name is still Valentina, but now I'm 19. I still live in Reggio Emilia, but I have two homes now, and one is 5503.92 miles from the other. 

This summer I graduated from High School and I started to attend European Languages and Cultures curses at Modena University last September. Currently I took some sporadic exams, never failing, but at the same time never excelling. I'm not a full-time student, like the majority of people of my age. In fact, I am a rhythmic gymnastics trainer and, at the moment, coaching is my priority. My wonderful family is still there, supporting my choices, although it's not complete anymore. Also, Walt is still there, right where he has to be. 'Everything good, but nothing ordered' (Italian saying) my grandma always says; I'll tell you this, my dears, grandmas are always right. 

In the US, there was a person who once told me to never accept mediocrity; am I doing it? Maybe. Or maybe not. It's a mean of perspectives. 
But what does mediocrity mean? Is it a 28\30? Or a 98\100? Mediocrity is not a number. The mediocre are those people who don't have a passion to fight for, people who always standardise themselves to an amorphous mass of otriches that hide their head into a smartphone, or those who complain about reality acertaining its immobility, without trying to change anything because they are too used to their own worthless monotony. These people don't have color, race or nationality. They are not Italian 'dicks' or naive Americans, not even bright Germans or precise Scandinavians. They are the citizens of a mediocre world. And I am part of it. 

giovedì 11 gennaio 2018

Ricalcolo.

Poco tempo fa mi è stato detto di ricominciare a scrivere. E perché no? Dopotutto quello che pensavo essere un blog popolato da fantasmi in realtà è stato letto più di 60000 volte, completamente a mia insaputa.
Il viaggio in America attira l'attenzione più di qualche poesia o pensiero random, e allora perché non continuare a parlarne a posteriori? E' un fatto concluso, direte.
Eppure, le considerazioni esposte dal punto di vista di una sedicenne che, impaurita e spaesata, si ritrovò catapultata in una realtà a lei mai appartenuta possono essere riviste, rielaborate, rivalutate da una coscienza un po' più matura di qualche anno, e costituire quindi un aiuto ben più concreto ai futuri temerari che varcheranno le porte del Nuovo Mondo a breve.
Quindi che ne dite se riavvolgiamo il nastro e ripartiamo per la stessa avventura, ma da un'altra prospettiva?


Some days ago I was told to restart my writings. I thought 'why not?' After all, what I believed a ghost blog, actually turned out to have been read more than 60k times, and I was totally not aware of it.
My American trip draws more attention than some random poems, so why should I stop talking about my US experience? Let's talk about it, but retrospectively. Besides, considerations made by a scared and lost 16 year old, who found herself in the middle of a weird reality she never felt a part of, can be revised, or even revalued with different self consciousness of events, facts, people. I think this would be even more helpful to those of you who are brave enough to enter the gates of the New World.
What do you think about rewinding the tape and leaving again for the same adventure, though seen from another perspective?

martedì 9 maggio 2017

Tunnel.

Risate rimbombavano e si confondevano ad una musica dissonante componendo suoni fastidiosi per le mie orecchie stanche, diverse. Passai in rassegna facce sconosciute, disinvolte, che si contorcevano in espressioni di poca modestia, in abiti che fungevano da esca per prede disperatamente facili. L'odore forte del fumo denso mi nauseava al punto da farmi barcollare verso una finestra in parte aperta. Fuori il mare scorreva nel verso opposto ed il vento soffiava violento sul ponte deserto. La mia insofferenza nei confronti del baccano intorno a me mi indusse ad uscire dal locale; era ormai una prassi. Più tentavo di farmi inglobare da quel mondo che dovrebbe appartenermi e più mi accorgevo di quanto ormai mi fosse lontano, estraneo. 

Settimana dopo settimana, i tentativi si fecero più radi ed i giorni cominciarono a diventare un infinito tunnel senza luce sotto il quale finii per perdermi. Un tornado di polvere grigia mi risucchiava senza mai farmi cadere del tutto, come se da me traesse quella forza che sembrava scatenare solo al cospetto di persone innocenti. 

Poi, ad un tratto, il buio più totale. Un silenzio improvvisamente nero mi soffocava, e le mie grida mute si spegnevano ancora prima di liberarsi dalla morsa della gola. La testa, fattasi pesante come una roccia arida, pulsava a ritmo irregolare e gli occhi affogarono in lacrime corrosive. In un limbo tra realtà ed immaginazione, avevo perso qualcosa di fondamentale, che sapevo non sarebbe tornato. Nonostante questo, l'impulso umano è quello di aggrapparsi sempre alla speranza, una maledetta illusione autolesionistica, e come riemergendo da una prolungata apnea, boccheggiai sulla riva della vita e incrociai le dita in una preghiera tanto pretenziosa quanto essenzialmente ipocrita. 

Quando però la Fortuna compie una scelta, possiamo anche sacrificare noi stessi, ma essa non torna indietro. Anzi, ti travolge avanzando ancor di più e portando nuove sofferenze, nuovo buio, nuove grida, nuovo silenzio nero. Per questo raccolsi i pezzi del mio corpo in frantumi e accettai la continuazione di quel tunnel già imboccato, fatto di grige giornate già vissute. Ingiustizie giornaliere si accumulavano nel mio orgoglio con la velocità con cui la sabbia si accumula in una clessidra, e in poco tempo mi sentii fremere di un fuoco rabbioso inarrestabile. Cercai accuratamente di alienarmi da quelle poche persone che ancora fingevano di interessarsi alla mia monotonia, poi diventai un fuoco, seppur ancora pericoloso, completamente invisibile. 

La luce in fondo al tunnel sembra ora farsi sempre più vicina, accieca quasi la mia vista abituata a colori scuri, tetri. Non vedo al di là di essa. Possono esserci mostri,ma ho la spada. Possono essere lampi di un temporale violento, ma ho l'ombrello. In cuor mio non mi importa, a patto che non nasconda un altro interminabile tunnel. 

martedì 30 agosto 2016

Dopo?

Sento da ormai troppi giorni l'irrefrenabile impulso di scrivere, scrivere della più totale normalità che il ritorno dall'America ha apportato alla mia vita quotidiana.
Tutto sembra coperto da una nube di pesante monotonia che avverto giorno dopo giorno, la quale però porta con se una quantità indefinita di domande. Sono a casa, sul divano, ma che ne sarà del mio ultimo anno di Liceo Classico? Sono in ufficio intenta ad archiviare documenti, annoiata, ma che ne sarà della mia ginnastica? Sono in centro, seduta in bar a sorseggiare un caffè, ma cosa voglio fare una volta diplomata tra esattamente 10 mesi? 10 mesi, ho avuto la possibilità di constatarlo, non sono altro che un anno fulmineo, un'abbreviazione formale ad una quantità tonda. E allora come posso concentrare le mie risposte, che onestamente pretendevo di avere una volta rientrata a casa, in quello che sarà un 'tour de force' di versioni sbagliate ma abbonate ed interrogazioni poco premiate? Boh. Io dico costantemente 'boh' ogni qualvolta mi si presenti una domanda sul mio futuro accademico. Ma ecco che il mio pensiero continua a vagare, in questo pomeriggio di metà agosto, e si va a posare sulle teste di tutti quei 'novellini' che in questi giorni giorni stanno affrontando la partenza più sofferta ed aspettata della loro vita. Cari colleghi exchange, ancora in patria o già nel Nuovo Continente, siate voi stessi, conoscendo voi stessi. Questo è il consiglio che più mi verrebbe da donare; sono sicura però che con il passare dei giorni  arriverà lo stimolo di scrivere due righe del tutto indirizzate a tutti coloro che hanno preso la stessa strada da me già percorsa.

Con questo buon proposito di imminente aggiornamento, buona conclusione di estate a tutti, lettori e non.

Vale.

giovedì 21 luglio 2016

365.

Un anno fa mi arrivò una chiamata alle 10 di mattina che segnò la fine dell'età in cui il problema più grande ed insormontabile sembrava essere la scelta dell'abbigliamento per andare a ballare.
Un anno fa risposi alla chiamata con un filo di voce, era mia madre in lacrime.
Un anno fa mi venne urlato nelle orecchie il nome della mia destinazione, un nome che allora suonava indifferentemente come una distesa di campi gialli attraversati da mucche e cavalli.
Un anno fa la frenesia, la curiosità e il coraggio si alternavano incostantemente ad una voglia matta di tirarmi indietro.
Un anno fa la fantasia non aveva barriere, la mente vagava per chilometri tentando di raggiungere quella meta dopo tanto tempo diventata concreta, e l'ossessione, la sete di sapere qualche dettaglio aumentava giorno dopo giorno.


Un anno dopo sono seduta alla scrivania di un ufficio, fingendo di lavorare su protocolli e fatture, con la tentazione irresistibile di vivere tutto un'altra volta, tramite i miei racconti e pensieri scritti qui, i quali riaccendono, riportano alla vita i momenti più difficili della mia giovane vita.
Un anno dopo, ad ormai un mese dal mio ritorno e con la mente un po' più lontana dall'America, mi sento grata e fortunata per avere avuto un'opportunità così grande, per aver conosciuto non solo persone false ed ipocrite, ma anche una famiglia meravigliosa che si è presa cura di me prelevandomi da una situazione di evidente difficoltà.
Un anno dopo sono anche riconoscente alla mia prima famiglia per avermi insegnato il valore della gratitudine.
Un anno dopo, soltanto un anno dopo, posso dire di essere una persona molto più vicina a quell'ideale fantastico, ma tuttavia ancora molto indefinito, a cui ho sempre aspirato. Tutto grazie ad una chiamata ricevuta un anno fa.