Quanto può essere devastante quel senso di inferiorità ed impotenza di fronte alla vastità dell'orizzonte visibile dal finestrino di una macchina, che veloce avanza impercettibilmente su una strada di cui non si vede la fine. I miei occhi vagano in cerca di un segno di vita: scorgo una casa scolorita le cui tegole, mosse dalla brezza invernale, pendono dal tetto come foglie in procinto di cadere. Una chiesa, rigorosamente battista, fa capolino dietro ad un albero seguita da un'altra, e un'altra, e un'altra ancora. Ma dove sono le persone? Mi chiedo. L'impaziente istinto di costruire e distruggere che l'uomo ha sviluppato negli ultimi due millenni sembra non aver minimamente alterato questa parte di mondo. E allora perchè non abbandonarsi al pensiero, perchè non lasciare che la mente, lo strumento più complesso che la natura abbia mai creato, mi conduca dove le pare più opportuno? Chiudo gli occhi. Sono cosciente, ma in quel limbo tra sonno e veglia che spesso confonde realtà e sogno.
Il mio vestito bianco e la mia acconciatura fine sono appesantiti dalle lacrime che rigano le mie guance rosee e paffute. Un motorino arriva, tanta gente è intorno a me, una croce, Gesù, 'ali d'aquila'. Una mano calda intorno alla mia, vengo sollevata e qualcuno mi porta via.
Il parco oggi pare essere deserto. L'altalena, fredda, cigola sul mio peso quasi impercettibile mentre due braccia salde mi spingono, su e giù. Qualcuno urla, corre verso di noi. 'andate a casa, accendete la tv' dice la donna ansimante. Deve essere successo qualcosa di brutto, assumo. A casa, una torre crolla, un'altra è in fiamme. Tutti piangono. Non voglio più guardare la tv. Scappo.
Limoni. Tanti limoni. Li voglio raggiungere tutti. I miei piedi non toccano più terra, una risata dietro di me. 'ora ci arrivi', una voce calma dall'accento ligure mi culla.
La creta mi sfugge dalle mani. Allo stesso modo, mi sfugge anche la domanda che qualcuno mi ha appena posto. Canto. 'Come si chiama di nome Jovanotti?' questa volta ce l'ho, ho la risposta. Con certezza ripeto due volte 'Celentano'. Tutti ridono. Probabilmente sono buffa.
Una voce dolce sta intonando le note di 'Stella Cometa', ma io non prendo sonno. Domani è il mio primo giorno di scuola. Non sono pronta. Non voglio andare. Il letto sotto di me sembra non aderire al mio corpo, gelido, quasi bagnato. Aspetta, è bagnato.
Il campanello suona. Due uomini vestiti molto strani sollevano il corpo quasi pietrificato di mia madre. Le ordinano di respirare dentro un sacchetto. Non è un palloncino, penso,che cosa stupida. mi sorridono, io faccio loro vedere il mio criceto. Sono così orgogliosa del mio criceto.
Adoro la domenica. La mamma balla con il papà, io me ne vergogno. Adoro la domenica.
Le sette candeline bruciano consumando la cera, che, mio malgrado, cade rovinando la bellissima torta. Tutti cantano. La mia faccia si oscura in quell'espressione che tutti compatiscono. Odio i compleanni. In particolare il mio.
Una noce di cocco più piccola delle altre giace sotto una palma all'ombra. Mi sembra infelice. Perchè non accudirla?
La palla blu sotto braccio. La pedana è davvero grande. Sento il mio nome, avanzo. Un urlo dagli spalti attira la mia attenzione. Lo riconosco. Non ho paura.
Qualcuno sta parlando. Sono motivazioni, giustificazioni, scuse. Ho deciso di non ascoltare. Il mondo sotto i miei piedi, crollato poco fa, ha creato un burrone in cui preferirei lasciarmi scivolare. NO. Devo essere forte, devo aggrapparmi a qualunque cosa. Per loro. Li amo, lo farò sempre.
Guardo la mia immagine, riflessa da quell'oggetto tanto temuto. Cambio. Lo sfondo cambia. Le persone al mio fianco anche. Famiglia, amici, compagni, conoscenti, Walt. Se prima tutto era così lento e scandito, ora il tornado soffia mescolando i ricordi. Sorrisi, pianti, decisioni, scelte.
Mi sveglio di colpo. Le luci della viva Houston accecano i miei occhi ancora intorpiditi dalla sicurezza del buio. Siamo quasi a casa. Non la casa di San Bartolomeo, nè quella di San Prospero. La mia casa di Katy. Perchè qui la mia vita mi ha portato. Qui la mia vita mi si ripresenta infinite volte al giorno, chiedendomi di guardare indietro per costruire un avanti.
Solo raccogliendone tutti i pezzi potrò aggiungerne dei nuovi, e così forse potrò collegare le domande senza risposta e cambiare le risposte non inerenti alle mie domande.
Tutti hanno bisogno di trovare il motivo della propria esistenza, lo scopo della propria vita. Arriva per tutti il momento di andare alla ricerca di questo fine. Ecco a te il mio viaggio, caro lettore.
Benvenuto caro lettore. Intanto ti fornisco qualche breve informazione sulla persona che si cela dietro le parole che stai per leggere. Mi chiamo Valentina e attualmente ho 16 anni. Abito a Reggio Emilia, una grigia e monotona città del Nord Italia che nessuno conosce. Qualche mese fa presi l'importante decisione di diventare un'exchange student, infatti trascorrerò 10 mesi in una bellissima cittadina vicino a Houston, Texas. Ho voluto aprire questo blog per avere a disposizione una valvola di sfogo, un luogo in cui poter essere quello che sono senza filtri. Detto questo buona lettura.
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